Il dolore grande per la perdita

di Andrea Rauch

 

 Rauch

 

A proposito di Andrea Rauch non si può che partire da un’immagine. Ho scelto quella che mostra Andrea affacciato dal Palazzo Pubblico che guarda Piazza del Campo nell’imminenza del Palio dell’Assunta, nell’agosto del 2003. Quell’anno Siena, la sua città, riconobbe ad Andrea l’onore di disegnare il “cencio”, il drappellone riservato alla contrada vincitrice.

Andrea si era formato al Liceo Piccolomini di Siena. Proprio stamane un senese molto illustre, Roberto Barzanti, che era stato suo insegnante, nel commemorarlo ha sottolineato, come quello studente ne abbia fatta di strada, dopo che aveva già mostrato precocemente una vocazione all’arte della comunicazione, poi perseguita per tutta la vita.
Di questa lunga e grande strada non parlo qui. Ci sarà, spero, il tempo, sicuramente l’impegno di onorare il lavoro di Andrea Rauch, con la consapevolezza che il farlo conoscere, oltre che una consolazione per noi, sarà molto utile anche alle nuove generazioni.

Oggi per me, per la mia famiglia, per tutti i miei compagni di lavoro de La Casa Usher e per tanti amici sparsi un po’ dovunque è una durissima giornata di dolore.

Voglio perciò soffermarmi brevemente solo su due bisogni prioritari.

La prima è mandare anche dalla Rete un abbraccio a Veronica e a Iacopo, alle loro famiglie, alle ragazze e ai ragazzi di cui Andrea è nonno e bisnonno.

L’altra grande priorità è di riconoscere, raccogliere e rendere noto un regalo che in tanti dobbiamo ad Andrea. Le sue caratteristiche umane, nelle quali non mancavano anche simpatiche attitudini burbere e polemiche, hanno sempre avuto il dono di avvicinare tra loro le persone con le quali lui aveva dei rapporti non effimeri. Anche persone molto diverse tra loro, anche persone che in qualche circostanza potevano trovarsi in polemica tra loro o in contrasto d’interessi, quando c’era lui, quando si ricordavano di averlo come amico, quando in qualche modo avevano in comune un riferimento a lui ne avevano riflessi positivi. Si distendevano, avvertivano la consapevolezza di una vicinanza reciproca.  Era come se sentissero di far parte di una stessa comunità.

Andrea era ed è capace di farci sentire una comunità in suo nome. Non a caso lo stesso suo antico insegnante che ho citato all’inizio nello scrivermi ha concluso offrendomi «un abbraccio in nome di Andrea».

Oggi il dolore è immenso ma possiamo e dobbiamo anche goderci questo suo dono.

Grazie di tutto Andrea

Vittorio Giudici

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