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Rivista Internazionale di Semiotica
e Teoria dell’Immagine
Fondata da Omar Calabrese

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CfP Carte semiotiche – Annali 13

CALL FOR PAPERS CARTE SEMIOTICHE, ANNALI 13

 

 

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L’argomento del prossimo numero è:
Il concetto di “Oggetto teorico”, a quarant’anni dalla pubblicazione
di La macchina della pittura di Omar Calabrese

Le sujet du prochain numéro est:
Le concept d’« objet théorique », quarante ans après la publication
de La macchina della pittura d’Omar Calabrese

The topic of the forthcoming issue is:
The Concept of the “Theoretical Object”, Forty Years after the Publication
of La macchina della pittura by Omar Calabrese
El tema del próximo número es:
El concepto de “objeto teórico”, a cuarenta años de la publicación
de La macchina della pittura de Omar Calabrese

 

editors Giovanni Careri, Tarcisio Lancioni, Mirco Vannoni

 

Nel 2025 ricorrono quarant’anni dalla pubblicazione di La macchina della pittura di Omar Calabrese. Con questo numero di Carte semiotiche vorremmo non solo rendere omaggio a quell’opera ma rilanciare alcuni dei temi che la caratterizzano, sia in termini di proposta teorica sia di pratica analitica. Coerentemente con la migliore tradizione semiotica, infatti, il libro proponeva una serie di analisi – di testi pittorici – non come esemplificazione o applicazione di concetti già definiti ma in quanto oggetti che implicano domande utili per saggiare e sviluppare prospettive teoriche e modelli analitici. Primo tentativo organico realizzato in Italia di praticare una semiotica della pittura – e in particolare della pittura prospettica post-rinascimentale – il libro si confrontava criticamente con idee e suggestioni derivate dalla semiologia dell’arte francese, specie dai lavori di Louis Marin e di Hubert Damisch, dalla semiotica generativa di scuola greimasiana, ma anche dalle teorie dell’arte di ambito storico-artistico, con riferimenti a Gombrich, alle teorie formali, a Panofsky, e soprattutto ad Aby Warburg. Proprio da quest’ultimo, suggerisce Calabrese nell’introduzione, potremmo derivare l’ipotesi di un’evoluzione dell’iconologia relativa non alle grandi configurazioni ma alle strutture testuali. La proposta warburghiana, sostiene Calabrese, si differenzia in modo sostanziale dall’iconologia successiva, che pure lo ha eletto a capostipite, e rivela invece parentele con approcci metodologici e concezioni epistemologiche che si vanno elaborando, all’epoca degli scritti di Warburg, in ambito antropologico e linguistico. Concezioni in cui la relazione “storica” di consequenzialità (antecedente-conseguente) cede la preminenza a una concezione “topologica” dei principi di organizzazione formale, che sfocia nel modello anacronico delle tavole di Mnemosyne. In questa prospettiva, scrive Calabrese, si potrebbe adottare in luogo di, o accanto al modello storico un modello “geografico” che consenta di mettere in relazione i luoghi notevoli della produzione storico-artistica. Ma quali sono i luoghi notevoli, meritevoli di trovare posto in questa “mappa”? Secondo quali criteri definirli? A questo proposito, Calabrese adotta il concetto di oggetto teorico variamente elaborato da Damisch e da Marin a cui vorremmo dare particolare rilievo in questo numero di Carte semiotiche. Un’attenzione che si estende sia alla formulazione proposta da Calabrese, sia alle accezioni originarie di Damisch e Marin, fino agli sviluppi successivi dell’operatività dell’oggetto teorico che ha trovato applicazione anche al di fuori dell’ambito pittorico in cui era nato. Nella prospettiva di Calabrese, per molti aspetti vicina a quella di Marin, sono oggetti teorici quei testi pittorici che non si limitano a “rappresentare” qualcosa, a costruire una scena, ma compiono, in modo più o meno palese, un’operazione riflessiva, tematizzando il fare pittorico stesso. Assunzione che entra in esplicito conflitto con quella in gran parte derivata da Benveniste (Semiologie de la langue, 1969) per cui solo il linguaggio verbale può fungere da metalinguaggio, ovvero sia in grado di parlare del linguaggio stesso. Al contrario, l’ipotesi oggetto teorico suggerisce che anche la pratica figurativa possa essere concepita come “linguaggio” che non “parla” solo di ciò che rappresenta, ma anche di se stessa, del proprio essere rappresentazione e delle condizioni per esserlo. Nella ricerca di Marin, ad esempio, questa singolare declinazione di oggetto teorico trova una piena formalizzazione in Opacità della pittura (1989), opera in cui Marin, prestando attenzione alla pittura del Quattrocento italiano, insiste sulla relazione tra testo del passato e teoria contemporanea. Il farli lavorare insieme, in modo reciproco, permette di mettere a fuoco la potenzialità euristica della nozione operativa di oggetto teorico: “il testo del passato sviluppa, sollecitato dalla teoria contemporanea, uno dei suoi possibili profili, ma all’inverso, anche la teoria contemporanea scopre, tramite lo spostamento stesso del testo che essa provoca applicandovisi, virtualità insospettate della forza teorica che le è propria”. Se questa è la virtù di un oggetto teorico che emerge dalla tensione dialettica tra teoria, empiria e questioni di metodo, com’è che è un testo iconico può configurarsi tale?
La singolarità che Marin riconosce all’Annunciazione di Benedetto Bonfigli o agli affreschi di Luca Signorelli per la sacrestia della Cura a Loreto risiede nel fatto che queste forme testuali sono in grado di mostrare l’operatività del dispositivo enunciazionale che le sottende. Aspetto, quest’ultimo, che nella ricerca di Marin ha il suo fondamento nel duplice statuto della rappresentazione. Alla trasparenza transitiva che permette al testo di mostrare quello che è il tema di cui parla, dice Marin, corrisponde un’opacità riflessiva in cui il testo permette di accedere e di rendere intelligibili quelle che sono le condizioni della propria enunciabilità: l’oggetto teorico – detto altrimenti – “si mostra in atto di mostrare la mostrazione”. Per quanto riguarda i testi iconici questo gesto autoriflessivo è dell’ordine dell’inevitabile poiché la sostanza espressiva del visivo fonda il suo modo di significare proprio nell’ostensione, nella deissi, in quanto Marin chiama appunto presentazione della rappresentazione. Tuttavia, configurazioni testuali che non appartengono all’ordine della visualità possono comunque costituirsi come oggetto teorico. Guardando alla lunga ricerca di Marin, è possibile notare come il gesto critico di svelare l’autoriflessività dei testi non iconici è rinvenibile negli studi sui racconti autobiografici, come nel caso di Stendhal, o sulla costruzione del discorso logico a Port-Royal. Quest’ultimo, in particolare, viene affrontato da Marin nella Critique du discours in cui, seppur la questione dell’oggetto teorico non viene esplicitata, analogo è il gesto critico di indagine sull’armatura enunciazionale che regola la messa in forma del trattato di teoria della conoscenza redatto da Arnauld e Nicole. L’analisi che Marin conduce della Logica attraverso la disamina delle diverse edizioni del testo (1662-1683) e di Pensieri di Pascal è infatti quanto permette di sottolineare un altro aspetto della concezione di oggetto teorico, questa volta più prossima all’idea che ne ha Hubert Damisch e in cui entra in gioco quell’idea di messa in serie di forme testuali plurali. In questo senso, come recentemente è stato ricordato a proposito della Teoria della /nuvola/: “En tant qu’objet théorique, le nuage se trouve pris dans un nouveau circuit, ou dans une série nouvelle, où il entre en constellation avec des savoirs, des objets et des pratiques afférant à la géométrie et aux mathématiques” (Careri 2025, 13-14). Le diverse prospettive sopra indicate, al di là delle differenze specifiche, condividono tutte un approccio testuale agli oggetti studiati, il che non significa che l’oggetto teorico abbia necessariamente la taglia del “testo”, inteso come opera artistica singolare, anche se questo può essere a volte il caso, come in molti degli esempi presenti nella Macchina della pittura, o in Opacità della pittura di Marin. In altri casi, come mostra la teoria della nuvola di Damisch, o saggi dedicati a figure e configurazioni come quella del /ponte/ (Calabrese 1985), dell’/acqua/ (Calabrese 2006) o più di recente della /gibigiana/ (Zucconi 2025), l’oggetto teorico non è riconducibile a forme testuali determinate, ma può estendersi ad aspetti figurativi particolari, come appunto la rappresentazione delle nuvole, a configurazioni tematiche, come il “giudizio di Paride”, o a dispositivi di figurazione, come la prospettiva. L’oggetto teorico, come afferma Damisch in un’intervista, è ciò che ci obbliga a fare teoria, poiché la sua storicità non basta a renderne ragione. Allo stesso tempo, dice sempre Damisch, esso ci fornisce anche i mezzi per farne teoria, rimarcando il carattere autotelico dell’oggetto teorico, e ci invita infine a interrogarci su che cosa sia la “teoria” (Bois, Hollier, Krauss 1998). Con una sintesi proposta da Paolo Fabbri, “Per Damisch e per Calabrese l’oggetto teorico è un modello in quanto configurazione sincretica – trascelta o costruita – che opera sulla tensione tra i diversi piani (cfr. lo specchio, l’ombra, il punto, ecc.). Un Giano bifronte che costringe l’analista alla teoria e lo induce a riflettere sul senso stesso del suo teorizzare; fornisce gli strumenti che permettono la connessione ‘cronotopica’ con altre serie discorsive; offre l’opportunità euristica di procedure di trasformazione e di scoperta. Merita, e lo prova l’esperienza, d’essere redivivo” (Fabbri 2017). Ricordiamo, in conclusione, che al tema dell’oggetto teorico sono stati dedicati seminari e convegni, nel corso degli anni, presso il Centro di Linguistica e Semiotica di Urbino: 1981, L’oggetto teorico arte, diretto da H. Damisch
1986, Arte: oggetti teorici, diretto da H. Damisch, L. Marin e P. Fabbri
1989, Arte: oggetti teorici plurali, diretto da H. Damisch
2006, L’oggetto teorico arte 2, diretto da H. Damisch e O. Calabrese
Tra le possibili linee di ricerca:
- Il concetto di oggetto teorico: origini, chiarificazioni e sviluppi – L’oggetto teorico nella pratica di analisi dei testi – L’oggetto teorico, dalla pittura ad altri ambiti della produzione artistica – La macchina della pittura e le sue analisi testuali – Il contributo di Omar Calabrese alla semiotica delle arti – Oltre i ‘motivi’: oggetto teorico e critica dell’iconologia – Relazione tra semiotica, iconologia e cultura visuale – Oggetto teorico e anacronismo: la costruzione dell’oggetto teorico come costruzione di serie anacroniche – Semiotica della pittura e intertestualità – La questione semiotica dei generi in pittura – Arti visive ed enunciazione – Teoria della ricezione e statuto dello spettatore – Semiotica dell’immagine tra costellazioni di senso e logiche della cultura

La redazione di Carte Semiotiche invita a inviare proposte in italiano, inglese, francese o spagnolo (max. 2000 caratteri spazi inclusi o 500 parole)
corredate di un breve profilo biografico (max. 10 righe)
entro il 15 GIUGNO 2025 ai seguenti indirizzi:
cartesemiotiche@gmail.com;
giovanni.careri@ehess.fr;
tarcisio.lancioni@unisi.it;
mircovannoni@gmail.com.

Termine di consegna abstract: 15 giugno 2025
Data di comunicazione di accettazione proposte: 30 giugno 2025
Consegna contributi selezionati: 5 ottobre 2025
Termine del processo di revisione: 5 dicembre 2025
Data del numero della rivista: 28 dicembre 2025

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