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Rivista Internazionale di Semiotica
e Teoria dell’Immagine Fondata da Omar Calabrese

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CfP Carte semiotiche – Annali 11| Interfacce. Forme dell’accesso e dispositivi d’intermediazione/span>

CALL FOR PAPERS CARTE SEMIOTICHE, ANNALI 11

 

 

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Interfacce. Forme dell’accesso e dispositivi d’intermediazione
a cura di Valeria Burgio e Valentina Manchia
In un’era in cui la distanza tra soggetti e oggetti si riduce sempre più fino a sparire, sviluppando forme ibride di interazione tra umani e non-umani (dagli smart objects a ChatGPT), sembra facile dimenticarsi delle interfacce, intese come tutti quei dispositivi di intermediazione che ci sono necessari per accedere a contenuti, informazioni – e in misura ultima a dare senso al mondo con cui ci relazioniamo. Anche per questa ragione può essere utile affrontare la pervasività di queste forme per l’accesso al sapere da una prospettiva il più possibile ampia, all’intersezione tra semiotica, studi visuali, teorie e pratiche dei media e del design.
Il concetto di interfaccia, coniato a metà del XIX secolo nell’ambito della meccanica dei fluidi e definito tanto dalla sua capacità di separare quanto da quella di mettere in comunicazione due entità distinte, è stato poi intercettato e ripreso dalla cibernetica e dalla teoria dell’informazione, fino alle declinazioni più specifiche di human-computer interface (HCI) e di graphic user interface (GUI). Proponiamo, qui, di pensare alle interfacce come a quei dispositivi che organizzano, strutturano e danno accesso a dati e informazioni (Manovich 2001, 2013), configurandosi allo stesso tempo come “spazio d’azione e interazione” (Bonsiepe 1995), “contesto condiviso di azione” (Laurel 2014) e “area di scelta” (Galloway 2012) per un utente possibile.
Questo numero di Carte Semiotiche, più che concentrarsi sull’interfaccia come infrastruttura tecnologica, punta a portare l’attenzione su queste forme dell’accesso al sapere non solo nelle loro modalità di funzionamento, ma nel delicato rapporto di mediazione che sono chiamate a intrattenere tanto con i contenuti quanto con il destinatario di questi contenuti. In un’epoca in cui il funzionamento della tecnologia si fa sempre più invisibile e l’accelerazione nell’elaborazione di enormi quantità di dati diventa ingestibile per un’intelligenza solo umana, l’interfaccia diventa porta d’accesso che suggerisce dei percorsi di ricerca sia in ambito scientifico che umanistico. Studiare l’organizzazione formale, l’estetica e le convenzioni stilistiche, i registri discorsivi, le strategie retoriche e comunicative delle interfacce può essere un modo per portare alla luce i particolari modelli del mondo che incorporano, e attraverso di essi approfondire il nostro rapporto con queste forme di comunicazione mediata.
Inoltre, portare l’attenzione sulle interfacce come dispositivi di mediazione e di intermediazione può essere utile per indagare le relazioni che si propongono di intrattenere tanto con gli utenti, destinatari ultimi del sapere a cui tali dispositivi danno accesso, quanto con altri oggetti, secondo logiche di intersoggettività e di interoggettività che portano alla luce anche differenti dinamiche tra umani e non-umani (Latour 1992; Landowski e Marrone 2002), intendendo per non-umano non solo lo strumento tecnologico ma anche forme viventi. Le ricerche contemporanee nell’arte e nel design, anche speculativo, si interrogano su nuove forme di mediazione tra umani e non-umani in ambito biomedico (vedi il rapporto con microorganismi come funghi, batteri e virus) e ambientale. Altre pratiche artistiche rendono visibile e portano alle estreme conseguenze l’incorporamento della tecnologia, fornendo una chiave critica con cui leggere il nostro rapporto mediato con il mondo e la nostra stessa condizione umana.
Ecco alcuni oggetti di analisi che ci auguriamo possano aprire altrettanti ambiti di riflessione:
• interfacce grafiche (GUI, graphic user interface) per la consultazione, la manipolazione di dati e informazioni digitali (Drucker 2013, Reyes-Garcia 2017), come nei videogames (Modena 2023), nella realtà virtuale e realtà aumentata (Corrain e Vannoni 2021; Pinotti 2021), nelle interfacce software (Corrain-Macauda 2017, Coviello, Re 2020), nei dispositivi mobili e wearable (Soro, 2023), e più in generale nei dispositivi mediali e postmediali (Greenfield 2017, Eugeni 2021);
• interfacce visive come immagini informazionali (Elkins 1999), ovvero artefatti visivi strutturati per dare accesso a dati e informazioni, come grafici, mappe e diagrammi statici e interattivi (Tufte 1983, 1990); Quaggiotto 2012; Dahan-Gaida 2023), visualizzazioni di dati (Manchia 2020) e infografiche (Burgio 2021);
• interfacce per la gestione e condivisione dei database scientifici (Leonelli 2016) e loro ruolo di mediazione all’interno di logiche di scalabilità (Manovich 2001; Halpern 2014; Tsing 2012).
• interfacce degli oggetti e dei servizi, sia in relazione a temi come affordance, ergonomia, nudge theory (Norman 1988, 2013; Deni 2002; Motterlini e Perini 2021), che nel design (Anceschi 1993; Bianchi, Montanari, Zingale 2010), e nella comunicazione del prodotto (Bucchetti 2005; Ventura Bordenca 2022);
• interfacce “invisibili” negli smart objects (Peverini, Perri, Finocchi 2020; Peverini 2021);
• interfacce di scrittura, come rapporto tra l’organizzazione del supporto e gli elementi paratestuali e sovratestuali (Zinna 2004), e interfacce per l’accesso a informazioni strutturate, sia testuali (layout e organizzazione dei contenuti; Baule 2012) che paratestuali (indici, frontespizi; Genette 1987).
• interfacce nel biodesign, nella bioarte e nella bioarchitettura, come dispositivi di intermediazione tra umani, micro-organismi e ambiente (es. Tomas Saraceno; Pierre Huyghe; Elizabeth Hénaff);
• opere artistiche che rivisitino l’interfaccia in chiave critica attraverso temi come: gestualità e coreografie nell’ambiente tecnologico (es. Julien Prévieux); decostruzione dell’apparente trasparenza dell’interfaccia (es. Hito Steyerl); dispositivi tecnologici e prospettive macchiniche (es. Harun Farocki; Armin Linke; Forensic Architecture).
A partire da questi e altri oggetti di analisi, ci attendiamo contributi che possano svilupparsi, in una prospettiva quanto più possibile interdisciplinare, secondo queste direzioni:
– interattività e forme di dialogo, contatto, collaborazione, comunicazione con l’utenteenunciatario;
– simulazione, immersività ed effetti di trasparenza;
– accesso, accessibilità e retoriche dell’immediatezza;
– forme culturali ed evoluzione delle forme dell’accesso;
– mediazione, agency e dispositivi di controllo;
– piattaforme, interfacce e nuovi regimi di visibilità;
– forme tangibili di costruzione della relazione tra umano e non-umano.

La redazione di Carte Semiotiche vivi invita ad inviare proposte di contributo in italiano, inglese, francese o spagnolo (max. 2000 caratteri spazi inclusi o 500 parole) corredate di un breve profilo biografico (max. 10 righe) entro il 29 febbraio 2024 ai seguenti indirizzi: valentina.manchia@polimi.it, valeria.burgio@unive.it e cartesemiotiche@semio-cross.it

Contributi in italiano, inglese, francese, spagnolo

Indicazioni operative
Lunghezza abstract: max. 2000 caratteri spazi inclusi (circa 500 parole).
L’abstract dovrà riportare le indicazioni di una bibliografia minima di riferimento.
Lunghezza articoli: max. 40.000 caratteri spazi inclusi (circa 8000 parole)
Immagini: b/n in corpo testo e a colori in file separato (jpeg, png, risoluzione almeno 1500 pixel nel lato maggiore)

Termine consegna abstract: 29 febbraio 2024
Data comunicazione accettazione proposte: 10 marzo 2024
Termine consegna contributi selezionati: 30 giugno 2024
Fine del processo di revisione: 30 settembre 2024
Data prevista di uscita del volume: Autunno 2024

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