Memoria corta e superficialità

a destra e un po’ anche a sinistra,

a proposito di Marco Cavallo

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Dialogo fra Marco Cavallo, Giuliano Scabia e l’ippogrifo.
(foto Antonio Utili)

 
 L’editore de La Casa Usher a proposito delle dimenticanze del sindaco di Muggia e de «il manifesto»
 

Leggo, con molto rammarico, che il sindaco leghista di Muggia vuole sfrattare Marco Cavallo dai magazzini del Comune di Muggia. Dimentica o forse ignora la storia di questo simbolo delle lotte e delle conquiste dei diritti civili in Italia. Forse il sindaco vuole manifestare il proprio distacco dalla legge 180 che ha stabilito la chiusura dei manicomi. Forse più che un disinteresse, la sua potrebbe essere una vera e propria avversione verso quelle conquiste di civiltà, ma ci auguriamo che non sia così.

Appare strano che il sindaco di una città come Muggia, che in passato ha organizzato e ospitato uno dei festival di teatro ragazzi tra i più significativi, felici e fertili, non ricordi come è nato e che cosa ha rappresentato Marco Cavallo anche nella storia del teatro in Italia negli anni Settanta. Evidentemente il sindaco non ha dimestichezza con l’attività e l’eredità di un grande protagonista della storia culturale italiana qual è stato Giuliano Scabia.

Di diversa natura ma non trascurabile è anche il rammarico nel leggere la pagina dedicata a Marco Cavallo da «il manifesto» di venerdì 21 ottobre. È molto apprezzabile la scelta di un giornale a bassa foliazione di dedicare l’intera ultima pagina allo sfratto da Muggia di Marco Cavallo. Marinella Salvi che firma l’articolo, offre ai lettori molte informazioni. Il problema non è rappresentato da alcuni dettagli, quanto dall’assenza di un importante riferimento sull’origine e la funzione di questo simbolo, cioè del fatto che esso esemplifica anche un capitolo della storia del teatro degli anni Settanta e dell’impegno di tante persone che hanno lavorato con Franco Basaglia verso lo smantellamento dei luoghi di tortura quali erano allora gli ospedali psichiatrici.

Tra queste vi era Giuliano Scabia. Grazie a lui Marco Cavallo non è stato un esercizio di costruzione di un artefatto tridimensionale, ma il centro di un esperimento di grande successo di animazione collettiva nel quale medici, infermieri, ricoverati e artisti hanno trasformato un reparto dell’ospedale psichiatrico di Trieste in un laboratorio della fantasia. Forse la redazione del giornale avrebbe potuto consultarsi anche con i suoi autorevoli storici e critici del teatro, come Gianfranco Capitta e Gianni Manzella, ed evitare questa lacuna.

Fortunatamente arrivano anche segnali positivi. È interessante il confronto tra due piccoli comuni: quello di Muggia e quello di Rosignano Marittimo. A Muggia si vuole sfrattare Marco Cavallo, a Rosignano Marittimo, per tutta l’estate, Marco Cavallo ha dominato l’ingresso di una bellissima mostra che quell’amministrazione comunale, con la collaborazione della Fondazione Armunia, ha organizzato per raccontare a un pubblico sempre più coinvolto e felice la vicenda straordinaria del «Poeta d’oro» Giuliano Scabia.

Ci raccontava Fabio Masi, il direttore artistico di Armunia, che quando è andato con il camion a prendere Marco Cavallo vicino a Trieste per portarlo alla sede della mostra, una benzinaia l’ha riconosciuto e ha voluto sapere quando il cavallo azzurro sarebbe ritornato a casa. C’è chi lo aspetta: Marco Cavallo troverà una casa.

Vittorio Giudici

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