Intervista a Francesco D’arrigo e Claudio Albertini su

Allenare gli allenatori

dal 14 ottobre in libreria
 
d'arrigo_albertini
 
 

PER CAMBIARE IL CALCIO

Francesco D’Arrigo e Claudio Albertini raccontano perché hanno scritto Allenare gli allenatori, Perché si impara a giocare giocandoÈ il terzo libro di Francesco D’Arrigo dopo il grande successo de Il senso del gioco e de Il primato del giocoD’Arrigo ha scritto Allenare gli allenatori insieme a Claudio Albertini. Come i precedenti volumi di D’Arrigo è edito da La Casa Usher. È in libreria dal 14 ottobre.

 

Francesco, Claudio, ci raccontate come è nato questo libro?

FDA: Le radici di questo libro sono nell’incontro che c’è stato tra me e Claudio nel 2017 durante il corso federale per accedere alla qualifica di allenatore UEFA B che ho tenuto a Genova in quell’anno. Claudio, che era già in possesso della qualifica di preparatore atletico professionista, era un mio corsista. Durante il corso c’è stato un dialogo, un confronto continuo che è proseguito in seguito, anche grazie alla pagina Facebook Allenatori Ispiratori che ho fondato proprio al termine del corso genovese. In entrambi era profondo il desiderio di approfondire tutta una serie di argomenti che reputiamo fondamentali per svolgere al meglio il “mestiere”, chiamiamolo così, di allenatore.
CA: Sì, confermo. Mi aspettavo un insegnante di tecnica calcistica completamente diverso, tradizionale. Che ci illustrasse i fondamentali tecnici dal punto di vista biomeccanico e che ci spiegasse la tattica partendo dai sistemi di gioco ecc. Invece Francesco ci parlava di sistemi complessi, connessioni lasche, interazioni… Uno dei miei maggiori interessi all’epoca era – e lo è ancora – lo studio del comportamento dei sistemi complessi. In realtà l’osservazione in parallelo del comportamento in volo degli stormi di uccelli – basato su principi di auto-organizzazione – e del gioco del Barcellona di Guardiola è stata proprio la molla che dentro di me ha fatto scattare la voglia di capire più da vicino il gioco del calcio, di entrare dentro l’alchimia profonda del gioco. Decisamente qualcosa che faceva di me un preparatore atletico atipico… Ecco, il primo elemento di contatto con Francesco è stato il tema della complessità, dell’auto-organizzazione. Sull’altro mio interesse principale, le neuroscienze, inizialmente c’erano invece delle distanze, avendo avuto formazioni diverse in merito, ma approfondendo gli argomenti, alla fine siamo giunti a conclusioni comuni. Negli anni a seguire, dopo il corso del 2017, siamo rimasti in contatto, anche grazie al gruppo Facebook di Francesco. A un certo punto si è deciso di non disperdere tutte le nostre riflessioni e di organizzarle e riunirle in un libro.

 

Perché questo libro? Con quali motivazioni avete scritto questo testo?

FDA: Pensiamo che ogni tecnico abbia il dovere di aggiornarsi per migliorare il proprio approccio didattico. Un aspetto fondamentale, per esempio, è quello di capire come funziona il cervello, in che modo si realizzano gli apprendimenti. È la base necessaria per migliorare la propria didattica. In questo testo si riassume lo stato attuale delle conoscenze parlando di neuroni canonici, di neuroni specchio, dei cosiddetti “neuroni GPS” che mappano lo spazio intorno a noi, dei processi inconsapevoli che regolano le nostre prese di decisione, delle varie forme di memoria, di che cosa significa allenare la tecnica negli sport di situazione rispetto invece agli sport di forza, di velocità o di resistenza e rispetto agli sport di significato qualitativo. Si parla del giocatore di calcio e della squadra come sistemi complessi, di che cosa significhi per un allenatore “allenare nella complessità” e di molte altre cose ancora. Il senso ultimo è quello di fornire agli allenatori degli strumenti concettuali per valutare le valenze e i limiti delle varie proposte esercitative. Ognuno poi creerà il suo percorso, ma lo farà su una base oceano di incertezza attraverso arcipelaghi di certezza teorica solida. Come scriviamo in fondo al libro, riprendendo parafrasando il filosofo Edgar Morin, si tratta di aiutare gli allenatori a «navigare in un oceano di incertezza attraverso arcipelaghi di certezza».

 

 Continua a leggere l'intervista

Ci sono state delle difficoltà particolare durante la stesura del testo?

CA: La bozza iniziale che abbiamo presentato era molto più lunga. Vi erano all’interno molte pagine che a una attenta supervisione sono state valutate dai nostri editor troppo specialistiche e di difficile lettura.  Correttamente. Abbiamo così deciso di accogliere i suggerimenti di Lorenzo Giudici, che ha riletto per primo il testo, e di “rinunciare alla tentazione di dire tutto”. Abbiamo operato in favore di una lettura più scorrevole, eliminando le parti più ostiche e “confinando” alcune necessarie precisazioni all’interno delle note a piè di pagina. La comprensione del testo è stata agevolata anche grazie all’inserimento di numerose immagini da parte del designer Emiliano Bacci. Ogni argomento è trattato osservandolo da un punto di vista calcistico cercando al termine di ogni capitolo di fornire al lettore utili indicazioni didattiche e spunti di riflessione. Credo si sia raggiunto il più possibile un registro divulgativo, comunque Allenare gli allenatori propone una lettura attenta. Pensiamo di averlo reso fruibile anche per chi si avvicina per la prima volta a certe tematiche.

In questo viaggio avete fatto nuove scoperte?

CA: Nella stesura delle pagine siamo spesso andati a ritroso, a cercare le fonti originali, anche in lingua straniera (che sono state rigorosamente citate in bibliografia). Ogni approfondimento indietro ci portava… avanti! Ci suggeriva ulteriori precisazioni, ci incuriosiva, ci induceva a esplorare ulteriori “territori”. Volevamo capire meglio e condividere ogni nuova scoperta col lettore. In questo modo abbiamo introdotto parecchie variazioni rispetto all’ “indice” iniziale. Un esempio è quando si parla delle ipotesi del neuroscienziato Paul Cisek sulla competizione tra affordances. Un “pezzo” che abbiamo inserito nelle ultime bozze. A un certo punto però ci siamo dovuti fermare, sennò non avremmo mai terminato il libro! Il progresso della conoscenza è un processo infinito!

 

Che elementi di continuità e di discontinuità si possono trovare in questo nuovo testo rispetto a quanto esposto in precedenza da te Francesco nei tuoi  Il senso del gioco e Il primato del gioco?

FDA: Alcuni elementi di discontinuità ci sono. L’impianto teorico dei precedenti libri utilizzava dei termini che riconducevano a un’impostazione di stampo “cognitivista”, non più attuale. Il termine “giocatore pensante”, utilizzato in precedenza, è stato eliminato in quanto fuorviante. Porta a ritenere che il giocatore di calcio durante la partita abbia il tempo di fare calcoli, effettuare elaborazioni complesse, ragionare. Le attuali conoscenze neuroscientifiche ci dicono che non funziona così. In condizioni di elevata pressione temporale il controllo motorio si realizza, infatti, in modo prevalentemente inconsapevole. Esercizi ed esercitazioni che cercano di migliorare la “velocità di pensiero” dei giocatori sono del tutto inutili. Bisogna agire in modo diverso. L’elemento di continuità è senz’altro rappresentato dal mettere ancora una volta il GIOCO al centro dell’intervento didattico, ma partendo da nuove riflessioni. Come ribadito più volte all’interno del libro, l’esperienza di gioco è alla base dei processi decisionali del giocatore, della rapidità e della qualità delle innumerevoli scelte che il giocatore opera durante la partita. L’esperienza di gioco permette di cogliere e selezionare le affordances (le opportunità di azione che l’ambiente suggerisce) più adeguate a risolvere le situazioni di gioco. L’esperienza di gioco, inoltre, ci aiuta a comprendere le intenzioni dei compagni e quelle degli avversari in modo immediato (qui entrano in gioco i neuroni specchio). La conclusione dal punto di vista operativo è che solo attraverso le esercitazioni riconducibili alla realtà del gioco si impara a giocare. Dire che «si impara a giocare giocando» sembra una affermazione banale. In realtà sui campi di calcio gli esercizi e le esercitazioni proposte spesso allontanano il giocatore dalla comprensione profonda del gioco. Si impiegano molte energie per fare cose che non andrebbero fatte del tutto!

 

Che cosa vi aspettate da questo libro?

FDA: Innanzitutto speriamo che sposti l’attenzione degli addetti ai lavori – allenatori, preparatori atletici, laureati in scienze motorie ecc. – sugli argomenti che abbiamo trattato. Ci auguriamo che incuriosisca. Che sia da stimolo a una crescita comune. Il nostro è un invito a tutti i tecnici sportivi a vincere la propria pigrizia, a mettersi in gioco, a provare a fare “meglio” di quanto è stato fatto finora. Chiediamo che si abbia il coraggio di uscire dalla propria zona di comfort, fatta di conoscenze e comportamenti acquisiti, il coraggio di voler scoprire l’ignoto! Il primo passo è quello di definire un linguaggio comune che comporta studio e analisi profonde. È un percorso impegnativo, ma necessario. Ci preme sottolineare che il testo è impreziosito dalla prefazione del prof. Corrado Sinigaglia, autore di numerosi  libri e articoli di carattere neuroscientifico – coautore insieme a Giacomo Rizzolatti di due importanti libri sui neuroni specchio – e dall’introduzione di mister Maurizio Viscidi, coordinatore delle nazionali giovanili e dell’area match analysis della FIGC. Due attestazioni di merito che ci portano a pensare di aver fatto un buon lavoro! Tuttavia, ci aspettiamo anche critiche, un aspro dibattito. Ben vengano, non c’è niente di meglio per il progredire, per migliorare le conoscenze.

CA: Il testo non esamina le tematiche della metodologia e della didattica solo da un punto di vista calcistico. Si fanno raffronti continui anche con altre discipline. Gli argomenti trattati: l’apprendimento e il controllo motorio, la coordinazione ecc. sono affrontati in modo trasversale. Non abbiamo la pretesa di fornire risposte definitive, ma la speranza, ciò che ci auguriamo, è che questo libro possa diventare un “riferimento” per discussioni future e approfondimenti non solo per chi si occupa di calcio ma per gli studiosi di sport in generale.

 

C’è un messaggio che volete mandare ai lettori?

FDA: Dalla versione iniziale del testo è trascorso più di un anno per arrivare alla stesura finale. Claudio e io siamo molto perfezionisti, forse troppo “diversamente” pignoli. Claudio è preciso, attento a ogni tipo di refuso, non solo ortografico ma anche in riferimento alle fonti a cui abbiamo attinto e alle espressioni concettuali. Io sono molto meno diplomatico e forse “maledettamente” integralista, amo scrivere più per esprimere liberamente il mio pensiero piuttosto che ridurlo e semplificarlo per facilitare la comprensione del pensiero stesso. Ci sono stati, quindi, momenti di largo confronto tra di noi e di forte confronto con l’editore. Legittimamente l’editore ha a cuore la comprensione del testo da parte del pubblico, ricerca la soddisfazione del lettore. È stato un lungo lavoro però alla fine siamo riusciti a trovare il cosiddetto bandolo della matassa. Mi voglio soffermare sul concetto di comprensione e di soddisfazione. Si è soddisfatti quando si legge un libro e riusciamo a ricordarci ciò che abbiamo letto anche una sola volta. Pensiamo di averlo compreso. Io ho letto moltissimi libri, alcuni anche più volte, ero soddisfatto non tanto per averli compresi, quanto perché ciascuno mi aveva lasciato un’emozione, un segnale, mi aveva permesso di ripulire un po’ la mia mente e mi aveva stimolato a cercare qualcosa di nuovo. Ecco vorrei terminare augurando ai nostri lettori di poter trovare nel nostro libro la traccia di un qualcosa (sia essa emozione o conoscenza o riflessione) che li aiuti a ripulire un po’ la loro mente, che li porti a capire, parafrasando Edgar Morin che «comprendere non significa comprendere tutto, ma riconoscere che c’è dell’incomprensibile».*

 

 

 

 

*Edgar Morin, Il metodo, volume  6. Etica, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2005, pag.119.

 

Qui la scheda di Allenare gli allenatori

 

 

 

 

 

 

Back to Top